L’uso di un nuovo anticorpo monoclonale in grado di curare la leucemia e alcuni altri tumori, come il cancro ovarico, sembra essere più vicino.
La leucemia è incurabile nella maggior parte degli individui adulti.
Ciò a causa del fatto che le proteine associate ai tumori – l’obiettivo degli anticorpi monoclonali – sono fissate in modo sicuro all’interno delle cellule. Questo significa che esse sono al di là della portata dei farmaci attualmente disponibili.
Uno studio fornisce segnali di speranza nella lotta alla leucemia
Ma secondo i risultati pubblicati il 14 marzo 2013 su Science Translational Medicine, i ricercatori hanno trovato un modo per superare questo ostacolo e distruggere le cellule tumorali.
Nel caso della leucemia, la proteina del Tumore di Wilms (WT1) è estremamente presente nelle cellule leucemiche esponendo peraltro una sorta di fessura nella sua “corazza”.
In sostanza, i frammenti degradati della WT1 appaiono sulla superficie delle cellule rendendo la WT1 un biomarker per la leucemia e per altri tipi di tumori.
I ricercatori hanno sviluppato un anticorpo monoclonale, denominato ESK1, che “riconosce” un frammento di peptide WT1 (RMF) che forma un complesso con l’antigene leucocitario umano (HLA A0201).
La capacità dell’anticorpo di legarsi alle cellule leucemiche – un requisito essenziale che deve possedere un farmaco terapeutico – si è testata positivamente.
Il primo test è stato infatti superato ed è stato accertato che l’ESK1 è in grado di legarsi a linee cellulari WT1 nonché a cellule leucemiche di nuova formazione prelevate dai pazienti.
La ricerca è passata poi alla fase successiva testando la capacità degli anticorpi di distruggere le cellule leucemiche nei topi. Si è così innestata la leucemia umana linfoblastica acuta nelle cavie.
Si è adottato un duplice approccio per verificare il potenziale terapeutico: si è iniettato l’anticorpo monoclonale sia da solo sia in combinazione con cellule effettrici (linfociti T citotossici che agiscono attaccando e distruggendo fisicamente le cellule bersaglio) per migliorare la capacità di legame.
Le risultanze dello studio
L’effetto terapeutico è stato favorevole in entrambi gli approcci.
Però soltanto in uno si è raggiunto l’obiettivo prefissato del miglioramento dei risultati a lungo termine e dell’allungamento dei tempi di sopravvivenza.
Al termine del periodo di test pari a 70 giorni, nei topi il carico tumorale si è ridotto significativamente. Ciò nel momento in cui si è somministrato l’anticorpo monoclonale.
Ma come previsto, la leucemia si è ripresentata velocemente in quanto alcune cellule leucemiche residue erano rimaste presenti nelle cavie. Ciò anche al momento del completamento del trattamento.
Di conseguenza, i ricercatori hanno testato la capacità dell’anticorpo monoclonale di “ripulire” le cellule leucemiche completamente in modo che non vi fosse alcuna recidiva.
Ciò si è fatto iniettando due dosi di farmaco utilizzando tre diversi dosaggi.
La recidiva si è manifestata nuovamente, anche se in modo più lento dopo l’interruzione del trattamento.
Il tempo di ricaduta dipende dunque dal dosaggio.
Nel secondo approccio, il farmaco si è somministrato con le cellule effettrici e i risultati sono stati incoraggianti.
Il farmaco si è testato sui topi transgenici per misurarne l’eventuale tossicità.
Non si è osservato alcun segno di tossicità sui topi ai quali erano state iniettate le stesse dosi utilizzate per testare il potenziale terapeutico del farmaco.
Secondo gli scenziati, più di un milione di malati di cancro in tutto il mondo sono colpiti dal tumore di Wilms o dalla leucemia.
Di questo numero enorme, quasi un terzo degli individui in possesso dell’aplotipo HLA-A02 trarrà vantaggio da questa sperimentazione.
Ciò significa che l’anticorpo ESK1 avrà un grande impatto clinico in caso di successo nella sperimentazione clinica.
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