Il piede cavo è una malformazione contraddistinta da una sproporzionata concavità dell’arcata plantare, conseguente prominenza dorsale e da un atteggiamento a griffe delle dita. Si viene a creare così una torsione del piede astragalico sul piede calcaneare e conseguente varismo del retropiede. E’ una malattia molto comune, addirittura più del piede piatto; ed è più diffusa fra le donne nelle quali può manifestarsi anche precocemente.
Con riferimento alla sintomatologia, e in particolare al dolore, c’è da notare come i fastidi derivanti da questa patologia siano meno evidenti rispetto a coloro che hanno una volta plantare piatta. E’ più facile infatti imbattersi in un paziente che manifesta dolori a causa del piede piatto rispetto a coloro con il piede cavo. Ciò fa sì che, nel complesso, questa patologia sia meno trattata rispetto al piede piatto.
Inoltre, la distrofia muscolare di Charcot-Marie-Tooth è stata associata alla volta plantare eccessivamente pronunciata e ciò può essere causa di problemi di squilibrio muscolare che rendono il piede cavo più difficile da diagnosticare e da curare. Ma diamo un’occhiata più approfondita all’iter e alle opzioni di trattamento.
I pazienti con piede cavo spesso denotano dolore sulla colonna laterale del piede, instabilità laterale della caviglia e dolore sotto la pianta del piede, soprattutto sotto il primo osso metatarsale. Inoltre, si può presentare anche un problema di fascite plantare dovuto all’estensione dell’arcata plantare durante il ciclo della deambulazione che genera così stiramento della fascia. I pazienti di solito avvertono una sensazione quasi come se cadessero sulla parte esterna della caviglia, mostrando segni di gonfiore (e di dolore) sulla parte laterale del piede e della caviglia stessa. I casi più gravi di piede cavo possono addirittura portare alla frattura della colonna laterale del piede.
La diagnosi di piede cavo si esegue mediante un attento esame della storia medica del paziente, unicamente a una visita accurata e agli esami diagnostici. Una storia familiare con presenza della patologia o con sintomi di distrofia muscolare sono degli elementi importanti da prendere in considerazione. Anche il tipo di dolore e i fattori scatenanti rivestono un’importanza fondamentale. A questo proposito, per esempio, vi sono soggetti che presentano dolore quando camminano e altri che invece avvertono dolore quando corrono.
E’ importante anche un esame dei gruppi muscolari e della forza muscolare. Inoltre, il dolore lungo i tendini peronei può essere un segno di una lacerazione del tendine peroneo stesso. Ciò può condurre alla formazione del piede cavo nello stesso modo con cui una disfunzione del tendine tibiale posteriore può portare al piede piatto.
L’instabilità della caviglia laterale può anch’essa portare alla formazione del piede cavo in quanto l’astragalo devia in posizione vara a causa della lassità dei legamenti laterali della caviglia.
Infine, un primo metatarso plantar-flesso o un tallone varo possono sfociare in una posizione cava a causa di una deformità strutturale. E’ raro osservare una deformità cava dell’avampiede che coinvolge tutti i metatarsi, ma bisogna anche prendere in considerazione questa possibilità.
I test diagnostici prevedono la risonanza magnetica per immagini se vi è sospetto problema al tendine peroneo o instabilità della caviglia. Se si sospetta la malattia di Charcot-Marie-Tooth sarà opportuno eseguire una elettromiografia e un test sulla velocità di conduzione nervosa. Se vi è sospetto di distrofia muscolare, è opportuno eseguire una biopsia del nervo surale.
Come si cura il piede cavo?
La terapia conservativa ha altissime probabilità di successo e a questo scopo si può utilizzare un apposito plantare altamente personalizzato realizzato dopo un’attenta valutazione dell’appoggio congiuntamente da parte di uno specialista e di un tecnico ortopedico.
Nei casi gravi, però, è necessario ricorrere all’intervento chirurgico. L’elemento discriminante a tal proposito è la causa che ha provocato il piede cavo: si dovrà prendere in considerazione, ad esempio, se si tratti di una malformazione congenita oppure se è frutto di un trauma, come ad esempio la lacerazione del tendine peroneo o l’instabilità della caviglia.