Conosciuta come “polvere d’angelo” o “angel dust”, la fenciclidina è una potente sostanza dissociativa il cui abuso può avere conseguenze estremamente negative sulla salute e la vita sociale.
Facciamo chiarezza su questa preoccupante droga.
Storia e origini
La fenciclidina, comunemente abbreviata in PCP, è una sostanza psicoattiva sviluppata negli anni ‘50 come anestetico per interventi chirurgici e veterinari.
Il suo uso è stato però rapidamente abbandonato per gli effetti collaterali, mentre è emerso il suo alto potenziale di abuso.
Negli anni ‘60 e ‘70 si è diffuso l’uso ricreativo con un picco tra gli anni ‘80 e ‘90. Ad oggi l’abuso permane nonostante i divieti legali.
L’assunzione ricreativa di PCP può alterare drammaticamente percezione, umore, pensiero e comportamento. Analizziamo nel dettaglio.
Composizione e modalità d’uso
Chimicamente la fenciclidina è correlata alla ketamina. Può essere fumata, inalata, iniettata o ingerita.
Gli effetti compaiono in pochi minuti se fumata o iniettata, più lentamente se ingerita.
Gli utilizzatori sviluppano rapidamente tolleranza, assumendo dosi crescenti.
Effetti e rischi per la salute
La PCP altera chimicamente i neurotrasmettitori cerebrali, causando effetti psichedelici potenti. Le sensazioni includono distacco dalla realtà, allucinazioni, senso di onnipotenza. Fisicamente provoca tachicardia, ipertensione, atassia, riflessi compromessi.
Gli effetti così marcati aumentano enormemente il rischio di incidenti e azioni autolesionistiche o aggressive verso altri. L’abuso di PCP può causare psicosi, convulsioni, coma e anche decesso.
Dipendenza e tolleranza
La fenciclidina crea rapidamente assuefazione psicologica. L’utilizzatore continua ad assumerla per provare l’euforia e la dissociazione dalla realtà che la caratterizzano.
In pochi giorni si sviluppa tolleranza e si rendono necessarie dosi sempre maggiori.
L’interruzione brusca provoca sindrome da astinenza.
Il farmaco può essere assunto per via orale, fumato o iniettato per via endovenosa, e produce una sindrome da privazione sensoriale influenzando il sistema nervoso centrale.
Piccole dosi di fenciclidina creano una sensazione di euforia, mentre dosi più elevate possono cagionare furia irrazionale e azioni violente (suicidio, mutilazione, aggressione o omicidio), convulsioni, psicosi, coma o morte.
L’abuso di fenciclidina comprende sintomi comportamentali (come aggressività, impulsività, imprevedibilità, o giudizio alterato) e sintomi clinici quali aumento della pressione sanguigna (ipertensione) o della frequenza cardiaca (tachicardia), movimenti muscolari scoordinati, o udito ipersensibile (iperacusia).
Questi sintomi comportamentali possono essere correlati a disturbi relativi a due sostanze chimiche del cervello, la dopamina e la serotonina.
Quando si manifesta l’abuso di fenciclidina?
L’abuso di fenciclidina si verifica quando:
- vi è necessità di assumere maggiori quantità di sostanza per raggiungere l’effetto desiderato (tolleranza);
- si utilizzano quantità maggiori o per periodi di tempo più lunghi del previsto;
- vi è un tentativo, infruttuoso, di controllarne l’uso;
- si rinuncia ad attività importanti al fine di continuare l’uso;
- si continua l’assunzione della droga nonostante difficoltà di ordine fisico, emotivo, professionale, di ordine giuridico o relazionali dovute al consumo di fenciclidina.
Diagnosi di abuso di fenciclidina
Dal momento che l’interruzione dell’assunzione del farmaco non produce effetti particolarmente rilevanti, la storia passata del paziente circa il consumo della droga è di grande importanza per la formulazione della diagnosi.
La violenza, lo stato di agitazione e i comportamenti bizzarri, come il vagare in stato di confusione, può essere causa di visite numerose al pronto soccorso o di problemi legali e di relazione.
Il paziente può lamentare disturbi visivi o uditivi ovvero allucinazioni.
Se l’esame fisico viene effettuato quando il soggetto è sotto l’effetto della fenciclidina, il paziente può presentare veloci movimenti oculari a scatti laterali (nistagmo), aumento della pressione arteriosa o della frequenza cardiaca, temperatura corporea significativamente aumentata (o diminuita), riduzione della sensibilità al dolore, udito ipersensibile, movimenti muscolari non coordinati, rigidità muscolare, convulsioni, o addirittura coma.
Ulteriori segni fisici indicatori di un uso cronico potrebbero essere costituiti da lesioni da incidenti, risse, o cadute.
Tracce di punture, epatite, HIV, o endocardite batterica potrebbero essere presenti in individui che si iniettano la fenciclidina per via endovenosa.
Per quel che concerne i test diagnostici, la fenciclidina può essere rilevata nelle urine di coloro che si trovano in stato di intossicazione acuta e può essere riscontrata per diverse settimane dopo l’uso in quanto il farmaco è liposolubile.
Il danno muscolare da cadute e scontri potrebbe mostrare un aumento dei livelli degli enzimi di creatina fosfochinasi (CPK) o di siero glutammico-ossalacetico transaminasi (SGOT).
L’analisi dei peli e dei capelli durante l’uso della droga rileva la fenciclidina e i suoi prodotti di degradazione (metaboliti).
Se si verificano convulsioni, può essere indicata l’effettuazione di un elettroencefalogramma.
La diagnostica per immagini non ha alcuna efficacia ai fini dell’individuazione dell’intossicazione da abuso di fenciclidina.
Aspetti sociali e legali
L’abuso di PCP ha gravi conseguenze sulla vita quotidiana. Gli effetti comportamentali alterano le relazioni, le prestazioni lavorative e lo studio.
La disinibizione e l’aggressività causano problemi legali.
Molti paesi ne proibiscono rigorosamente produzione, vendita e possesso.
Prevenzione e trattamento dell’abuso di fenciclidina
La prevenzione si basa sull’educazione ai rischi della fenciclidina.
L’astinenza è l’obiettivo terapeutico che prevede protocolli specifici con farmaci, psicoterapia, gruppi di sostegno per disintossicazione e astinenza prolungata.
Fondamentali sono il supporto familiare e sociale.
I programmi di riabilitazione supervisionata aumentano le probabilità di guarigione duratura.
Fatica, irrequietezza e depressione possono verificarsi diversi giorni dopo l’abbandono del farmaco. Nonostante i medicinali antidepressivi possano essere utili per combattere i sintomi depressivi, i pazienti possono diventare gravemente depressi e avere tendenze suicide.
Per questo motivo, per i pazienti cronici potrebbe essere necessario essere il ricovero in ospedale durante la sospensione del farmaco.
Per gli individui che soffrono di deliri o di allucinazioni (durata compresa nell’intervallo che va da 1 a 3 giorni), i farmaci antipsicotici come l’aloperidolo o la clorpromazina possono essere somministrati per calmarli e alleviarne la sofferenza.
E’ preferibile usare i farmaci antipsicotici atipici prima dei farmaci antipsicotici tradizionali a causa della riduzione dei sintomi extrapiramidali (EPS). I pazienti che hanno fatto abuso di fenciclidina beneficiano della sedazione con benzodiazepine, perché non solo è d’ausilio a calmarli ma impedisce anche l’insorgenza di convulsioni.
In generale, il recupero dall’intossicazione da abuso di fenciclidina avviene in quattro fasi.
Sebbene non vi siano sintomi di astinenza formalmente riconosciuti, di solito c’è una fase di disintossicazione che dura un paio di giorni.
Durante la seconda fase di astinenza, della durata di circa un mese, l’individuo focalizza la sua attenzione su come cambiare il suo comportamento.
La fase di remissione iniziale può durare fino a 12 mesi, e quella totale fino a quando il paziente rinuncia all’uso di fenciclidina.
I trattamenti più efficaci per l’abuso di fenciclidina e per la dipendenza sembrano essere la terapia cognitiva, l’informazione sui deleteri effetti della dipendenza e la partecipazione a gruppi di sostegno.
Questi interventi sono stati ideati per aiutare a modificare il pensiero del soggetto sul consumo di droga, sulle sue aspettative e su i suoi comportamenti.
Inoltre, gli interventi anzidetti sono mirati ad aumentare la capacità di fronteggiare i fattori stressanti che si presentano nella vita.
Il trattamento precoce che segue immediatamente la disintossicazione può includere l’informazione sugli aspetti fisici, emotivi e mentali relativi alla dipendenza e al recupero, l’identificazione dei fattori di stress e la capacità di gestione degli stessi, il miglioramento delle capacità di far fronte alle situazioni di stress, il training di rilassamento individuale e la psicoterapia familiare.
Conclusioni
La fenciclidina, nonostante le origini in ambito medico, è una sostanza estremamente pericolosa.
Provoca effetti psicotropi intensi e danni fisici e sociali. La prevenzione e la sensibilizzazione sono cruciali per contrastarne l’abuso.
Chi ne fa uso necessita di percorsi specifici di disintossicazione e riabilitazione per evitare gravi conseguenze sulla salute e la qualità di vita.
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