Arnica: una pianta medicinale dalle molteplici virtù

L’arnica è una delle piante più conosciute in erboristeria, sebbene nel corso dei secoli le sue qualità terapeutiche e la sua tossicità siano state oggetto di dibattito interminabile. Nei tempi passati, ciò nondimeno, l’arnica era considerata un medicamento molto valido per curare lividori, ecchimosi, ematomi e contusioni provocati da incidenti o cadute in generale. Proprio per queste ragioni era chiamata pure “panacea lapsorum”, vale a dire rimedio per le persone che avevano subito cadute.

Storia dell’utilizzo dell’arnica

L’origine della denominazione “arnica” è piuttosto oscura: potrebbe trattarsi di un’alterazione del lemma greco “ptarmiké” che vuol dire “che fa starnutire”, sia volendosi riferire ai fiori e alla radice dall’odore piuttosto aromatico, sia per la particolarità dell’arnica di provocare starnuti analogamente al tabacco, quand’è seccata e triturata. In Francia, per esempio, i montanari anziani, successivamente ad averla ridotta in polvere, la inalano dalle narici come se si trattasse di tabacco da naso.
Ignota nell’antichità, l’arnica fu menzionata per la prima volta dalla mistica benedettina Ildegarda di Bingen (XII secolo) e adoperata, in seguito, dalla celebre Scuola Medica Salernitana.
Nel XVI secolo l’arnica fu descritta e illustrata dal medico e botanico senese Pier Andrea Mattioli e, successivamente, i medici ne prescrissero l’utilizzo in modo più o meno conveniente. Dopo, l’arnica fu usata principalmente dai poveri per medicare la febbre e per questo motivo è stata pure chiamata “china dei poveri”.
Ai nostri tempi, l’arnica è stata considerata piuttosto pericolosa per l’apparato gastrointestinale e per il sistema nervoso: il suo utilizzo per via interna dev’essere di conseguenza effettuato unicamente su prescrizione medica. In ogni caso, pure l’applicazione esterna (solamente nel momento in cui non esistano lesioni della pelle!) dev’essere effettuata meticolosamente poiché si potrebbero manifestare allergie o irritazioni nei soggetti sensibili. Fanno tuttavia eccezione i preparati di natura omeopatica i quali non presentano effetti dannosi.
Trattandosi di una specie protetta, è vietata la sua raccolta nei prati montani ed è quindi obbligatorio rivolgersi all’erborista.

Note botaniche

L’arnica (Arnica montana) è una specie erbacea perenne, che appartiene alla famiglia delle Composite. Fiorisce sui pascoli alpini e appenninici settentrionali fino a 2.400 metri di altezza, preferendo terreni acidi e freschi e luoghi esposti alla luce del sole.
Dispone di un rizoma orizzontale, breve e vigoroso, grande circa mezzo cm, di colorazione rosso-bruna, adornato da disparati anellini. Dalla parte sottostante di questo rizoma principale si dipartono diverse radichette secondarie, allungate e sottili, di colorazione giallo-pallida.
Su una rosetta costituita da foglie basali ovali-lanceolate aderenti al suolo cresce, nel secondo anno, un gambo floreale semplice e diritto, alto da 20 a 40 cm, dotato di peli formati da ghiandole di modesta dimensione che secernono una linfa particolare.
Il fusto termina con un bel fiore appariscente, di color giallo-arancione, assomigliante a una imponente margherita, dall’aroma forte e odoroso e dal sapore indubbiamente amaro; più giù, al cinquanta per cento circa dello stelo, all’ascella di due brattee opposte, vi è un’altra coppia di fiori piccoli. Quest’ultima specificità identifica l’arnica dalle altre Composite montane.
Tutta la pianta possiede un gradevole sentore aromatico.

Proprietà terapeutiche e usi dell’arnica

Le parti dell’arnica che si adoperano in medicina sono costituite principalmente dai fiori (raccolti in pieno rigoglio e seccati velocemente all’ombra in spazio aerato) e il rizoma, divelto dal suolo nel periodo autunnale (settembre-ottobre) ed essiccato al sole.
Dall’arnica si ottiene un olio essenziale con qualità antisettiche e cicatrizzanti, ma possibilmente velenoso. Altri componenti: una resina amara denominata arnicina, tannino, acidi vari (malico, citrico ecc.) e un alcaloide tipico dell’arnica, l’arnicaina, a forte azione vulneraria.
L’arnica possiede notevoli doti antispasmodiche, antisettiche, febbrifughe, antinfiammatorie e vulnerarie; è parimenti eccitante del sistema nervoso e costituisce un ottimo ricostituente per l’organismo. Nella scienza medica naturale l’arnica è adoperata in caso di contusioni, slogature, lividori, ematomi, dolori ai muscoli, geloni, punture d’insetti, cura dei capelli, vene varicose, infiammazioni della gola. In omeopatia è il medicamento principale in caso di affaticamento muscolare, contusioni, strappi, shock ecc.
In questi ultimi anni la scienza medica biologica ha elaborato ottimi farmaci omeopatici con risvolti antinfiammatori, antiessudativi e analgesici per il trattamento di molteplici malattie, in particolar modo l’artrite reumatoide e la spondilite anchilosante. Tali farmaci sono impiegati, per di più, per lenire le manifestazioni dolorose, facilitare la cicatrizzazione di lesioni, bloccare le emorragie, potenziare il tono dei muscoli e contrastare le patologie di origine virale.
Una formula valevole per guarire distorsioni, ematomi, strappi muscolari ecc. è la c.d. tintura d’arnica, che si ottiene frollando 200 g di radici o di fiori in 1000 g di alcool a 60° per 10 giorni; si filtra e si serba al buio in una boccetta chiusa in modo ermetico.
Questa tintura va adoperata, diluita con acqua, unicamente per uso esterno (nella misura di un cucchiaio di tintura in un bicchiere d’acqua).
È molto consigliata pure per curare i geloni.
La tintura è ancora produttiva contro le punture d’insetti e per sradicare la forfora dal cuoio capelluto. Per medicare i foruncoli che deturpano il viso, va applicato, viceversa, un miscuglio costituito da un cucchiaio di tintura e due cucchiai di miele.
Con i fiori di arnica si può elaborare pure un linimento antireumatico, mettendone a frollare, per 8-10 giorni, 30 g in mezzo litro di alcool puro; indi si cola e si aggiunge un cubetto di canfora e un piccolo bicchiere di trementina, sbattendo lungamente fino a far disciogliere la canfora. In conclusione si unisce un bicchiere d’acqua per abbassare la gradazione. Questo composto si impiega per massaggi energici sulla parte dolorante.
Nei riguardi di questa significativa pianta medicinale è obbligatorio, in ultimo, ribadire che le “applicazioni” devono esser fatte ogni volta con molta avvedutezza, in modo tale da impedire il contatto con gli occhi, con le mucose, con le lesioni o con la cute delicata dei bimbi.

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