La borsa del pastore

Nei nostri campi, terreni e orti è sovente presente una pianticella dall’aspetto modesto e poco evidente, la cui facilissima crescita spontanea ne ha fatto un’erba rovinosa detestata dai contadini; cionondimeno, in erboristeria si è sempre rivelata preziosissima. Si tratta della “borsa del pastore”, detta solitamente pure capsella, erba borsa, borsacchina.
L’appellativo si riferisce all’aspetto dei suoi frutti, che ricorda approssimativamente la sacca in cui il pecoraio tiene il sale per gli animali, e deriva dal latino capsella, piccola bisaccia o astuccio.

Borsa del pastoreProprio per l’aspetto particolare dei suoi molteplici frutti triangolari presenti lungo il gambo, la borsa del pastore ha sicuramente attirato come minimo una volta la nostra attenzione, forse durante le passeggiate domenicali lungo stradine e mulattiere, in posti pure incolti, sia in pianura sia in montagna.
Grazie alla sua idoneità a prosperare in tutti i terreni e con tutti i climi, la borsa del pastore cresce dovunque. La si può raccogliere effettivamente tutto l’anno, ma è raccomandato farlo al tempo dello sboccio, da giugno ad agosto.
Nell’ambito della fitoterapia si adopera la pianta intera con esclusione delle radici, fresca ovvero disseccata; benché fresca sia più funzionale.

Note botaniche

La borsa del pastore (Capsella bursa pastoris) è una pianta erbacea annuale che appartiene alla famiglia delle Crocifere (così come il cavolo e il crescione). Il fusto diritto, semplice o poco biforcato, può estendersi pochi centimetri ovvero crescere fino a raggiungere un’altezza di 50 cm.
Le foglie basali, collocate a rosetta e aderenti al terreno, hanno il margine intero o più o meno appieno inciso; le foglie caulinari (lungo il gambo) sono lanceolate e sfornite di pedicello. I fiori, molto piccoli e bianchi, sono riuniti in piccoli grappoli e sono presenti tutto l’anno anche in seguito alla maturazione dei frutti. I frutti di colore verdognolo sono delle siliquette di forma triangolare con la base, in alto, un po’ incavata.
In condizioni ottimali, l’erba borsa fiorisce quasi tutto l’anno e produce moltissimi semi: una sola pianta ne può concepire annualmente svariate decine di migliaia!

Proprietà terapeutiche e usi della borsa del pastore

Borsa del pastoreLa borsa del pastore è nota fin dai tempi più antichi quantunque, in realtà, nel Medioevo non fu per niente ben compresa la sua proprietà dominante, che è quella di arrestare il flusso sanguigno. Solo nel XVI secolo Pier Andrea Mattioli comprese il suo eccelso potere antiemorragico. In effetti, la borsa pastore si è sempre rivelata estremamente utile nelle emorragie uterine dell’adolescenza e della menopausa, come dosatore del flusso mestruale e nelle emorragie in genere.
I suoi principali costituenti sono la borsina (alcaloide), l’acido malico, citrico, acetico, la tiramina, la colina, il potassio e il tannino.
Fra le sue più pregevoli caratteristiche terapeutiche, oltre a quelle emostatiche, sono da annoverare pure quelle astringenti e vulnerarie.
La borsa del pastore è dunque molto efficace nelle emottisi, nell’ematuria, nelle diarree e in caso di ferite recenti.
Nei secoli XIX e XX essa fu saggiata da molti medici che ne posero in risalto e ne confermarono l’effettiva azione regolatrice della coagulazione: in realtà, i suoi effetti terapeutici sono notevoli, in modo particolare nelle donne soggette a disordini del ciclo mestruale.
Nei tempi passati la pianta fu in egual modo molto impiegata per trattare il paludismo; a questo scopo, veniva presa sia per via interna sia sotto forma di impiastri, tagliuzzata ancora fresca e applicata ai polsi e sotto le piante dei piedi. Utilizzata in questo metodo, può mostrarsi efficace anche contro le febbri in genere, nelle infiammazioni degli occhi, contro il mal di testa ovvero contro il mal di denti.
La polvere della pianta essiccata ferma l’epistassi e si può adoperare pure su piaghe e ferite. Comunque, come antiemorragico, si usa di preferenza la pianta fresca triturata con accuratezza e introdotta nelle narici ovvero stesa sulle ferite.
A tutt’oggi la borsa del pastore è sfruttata – realmente come il vischio e l’olivo – per bilanciare la pressione arteriosa e viene dunque consigliata sia nei casi di iper o di ipotensione.
Con questo obiettivo, si appronta un decotto scottando in un quarto di litro d’acqua bollente un cucchiaino da torta pieno di pianta triturata, eventualmente fresca; si lascia riposare rapidamente e si assume a tazze due volte al dì, interrompendo la terapia non appena la pressione è tornata a livelli di normalità.
Una buon tisana per registrare il flusso mestruale si ottiene facendo lessare un pugno di pianta in tre tazze d’acqua fino a quando queste ultime si saranno ridotte a due: si beve in due volte, a distanza di qualche ora, edulcorata con miele o zucchero. In caso di mestruazioni abbondanti e dolorose, si consiglia di cominciare il trattamento dieci giorni prima della loro manifestazione.
Stelo di borsa del pastoreL’infuso può essere sostituito da uno squisito vino ottenuto mettendo ad ammollare per otto giorni 150-180 g di pianta fresca finemente tagliata in un litro di buon vino bianco. Si filtra e si assume a bicchierini 2-3 volte al dì.
Ottimo è pure il balsamo del pastore, adoperato per lenire le atrofie delle giunture: si mette a bagno al sole per dieci giorni, in un litro di acquavite, una manata di borsa del pastore e una di alchemilla (stellaria); si filtra e si frizionano le parti interessate.
Questo balsamo si può prendere anche per via orale ed è utilissimo in caso di diarrea.
Quest’umile pianta, come molte altre erbe spontanee primaverili, è anche mangereccia: le sue giovani foglie, mescolate con quelle di altre varietà, quali il tarassaco, il crescione, le foglie basali del rosolaccio ecc., si possono mangiare in insalata, mentre i suoi germogli si possono cuocere in minestre o, come gli spinaci, al burro.